Mussolini invia l’ARMIR sul Fronte Orientale

6 luglio 1942: Mussolini invia l’ARMIR (Armata Italiana in Russia) sul Fronte Orientale.

L’8ª Armata italiana fu la grande unità del Regio Esercito che tra il luglio 1942 e il marzo 1943 operò sul Fronte Orientale durante la Seconda guerra mondiale, in appoggio alle forze tedesche della Wehrmacht.

La partecipazione alla guerra contro l’Unione Sovietica rappresentò uno sforzo notevole per le forze armate italiane, già duramente impegnate nei Balcani e in Nordafrica, e le ingenti perdite subite rappresentarono un duro colpo per le capacità militari del Regio Esercito. Il principale desiderio di Mussolini fu, probabilmente, quello di tentare di “riequilibrare” lo stato dell’alleanza con la Germania nazista, in quel momento fortemente sbilanciato in favore dei Tedeschi.

Da non sottovalutare le considerazioni ideologiche: la lotta al bolscevismo era uno dei principi fondanti del fascismo, e l’Italia mai sarebbe potuta rimanere spettatrice passiva. Quindi, la guerra sul Fronte Orientale venne concepita come tentativo di riallineare gli schieramenti ideologici: l’Italia, dopo le deludenti campagne in Grecia e in Nordafrica (tra il 1940 e il 1941), aveva perso credibilità agli occhi dei tedeschi e Mussolini desiderava far riacquisire al suo esercito autorevolezza.

In memoria dell’eroismo che contraddistinse gli uomini della Tridentina (Divisione Alpina del Regio Esercito), i quali, pur provati dalla lunghissima ritirata effettuata in condizioni a dir poco proibitive, a seguito della capitolazione del fronte sul Don dovuto alla grandiosa offensiva cui diede luogo l’Armata Rossa, riuscirono a sfondare l’accerchiamento sovietico presso il villaggio di Nikolaevka, con mezzi e strumenti a dir poco di fortuna (ed enormi perdite).

I resti delle divisioni “Vicenza”, “Julia” e “Cuneense”, a cui gli ordini non erano mai arrivati, finirono nelle mani della cavalleria cosacca.

Essendo un racconto autobiografico, il libro di Mario Rigoni Stern – “Il sergente nella neve” – descrive al meglio e nel dettaglio quanto accaduto; si tratta essenzialmente della cronaca dell’esperienza personale vissuta dall’autore durante il servizio come sergente maggiore dei reparti mitraglieri nel battaglione Vestone dell’ARMIR nel corso della Ritirata di Russia nel gennaio 1943.

Dalla Prefazione del libro:

“Perciò anche chi non conosce la storia dell’ARMIR, l’armata che Mussolini mandò nel 1942 a cercare gloria nella guerra hitleriana all’Unione Sovietica, sa che l’avventura finirà in tragedia. Nove divisioni, tra cui le alpine Julia, Cuneense e Tridentina, destinate al Caucaso ma dirottate nella piana, s’attestano sul Don, a cinquanta metri dal nemico sull’altra riva del fiume, dove gli alpini si fanno una tana: malgrado il freddo, i pidocchi, i cecchini, si stava bene nel nostro caposaldo, scrive Rigoni. Ma poi viene l’offensiva a tenaglia dei Russi: in una notte senza luna gli alpini abbandonano silenziosi le trincee, iniziano una lunga marcia per uscire dall’accerchiamento. La penosa ritirata finirà in Ucraina, dopo diciassette giorni di gelo polare, nella terribile battaglia di Nikolajewka, il 26 gennaio 1943, che Rigoni vive, combatte, vince e racconta, ma identifica quasi allusivamente con eufemismo, come questo giorno di cui si è tanto parlato”.

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